środa, 7 października 2015

Due chiacchiere con... Luca Palumbo

Luca Palumbo nasce a Napoli, ma è vissuto in Molise fino al 2004 ed ora vive e lavora a Roma come operatore sociale. Ha collaborato per la rivista di satira e umorismo di Isernia L'Interruttore per due anni. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo libro, una raccolta di racconti intitolata Il Pianista Nano per la 0111 edizioni. Nello stesso anno un suo racconto, Il Risveglio, è stato pubblicato nell'antologia The Clash – Lo scontro-Storie di lotte e di conflitti edito da Luigi Lorusso editore. Suoi racconti sono stati pubblicati su siti letterari come Progetto Babele, Fuori Le Mura e Tapirulan. Assiduo frequentatore del Forum "Creativity station", il protagonista del suo futuro romanzo (Un maledetto freddo cane) Matteo Furst è anche il protagonista di Storie dalla metropoli rubrica che cura sul magazine Creativity papers. Oltre a questa rubrica si occupa di musica rock, sua grande passione essendo egli stesso <>, come ama definirsi. Ma vediamo cosa ha risposto alle mie domande: 1)      Luca nasci nella bella Napoli, vivi nel quartiere Scampia per sei anni. Poi vai in Molise per stabilizzarti, infine, a Roma. Quali ricordi conservi del tuo peregrinare da un paesino all'altro del Molise e quali del rione in cui sei vissuto per sei anni?Dei miei molteplici spostamenti, soprattutto in Molise, ricordo in particolar modo l'irrefrenabile desiderio di fermarmi in un posto e avere la possibilità di  creare amicizie stabili, per non doverle cambiare ogni volta. E' stato difficile, specialmente nei primi anni. Ma poi ho trovato la mia dimensione, anche se ovviamente temporanea, in un piccolo paese in cui, finalmente, ho trovato molte persone alle quali attualmente sono legato. Del rione Scampia porto dentro, per mia fortuna, le costruttive esperienze scolastiche e sportive. Mi piaceva andare a scuola e fare sport, cose che mi hanno tenuto abbastanza lontano dalla strada. Naturalmente ricordo anche sangue in terra dopo un omicidio, scippi, siringhe negli angoli del quartiere e amici bruciati presto (a soli quattordici anni) per via della droga e dell'arroganza e prepotenza dei primi piccoli boss della camorra locale di allora. Parlo della fine degli anni ottanta e inizio novanta. 2)      Come sei "approdato" alla scrittura. Chi o che cosa ti hanno spinto a scrivere?Ho cominciato a scrivere proprio quando vivevo nel rione Scampia, grazie alle letture e ai libri di mio padre. Ecco, i libri sono un'altra cosa che mi hanno aiutato in un contesto sociale così drammatico. Al tempo, ero un ragazzino, leggevo soprattutto gialli. Scrissi, a quattordici anni, un romanzo giallo insieme a un compagno di scuola. Era ambientato proprio nell'istituto che frequentavamo. Poi sono cambiati i miei gusti ma non mi sono più fermato a scrivere. Che cosa mi ha spinto a scrivere? In principio era il desiderio di evadere da una realtà orribile, ora è la necessità di rimodellarla come vorrei, attraverso la provocatoria criticità verso i nostri tempi. Non rappresento mondi sognati ma l'impossibilità di accettare quelli che viviamo. 3)      Hai iniziato con un giornale satirico, L'Interruttore, quanto ha influito la satira sulla tua scrittura?Indubbiamente molto, sia agli inizi sia ora. Ho sempre avvertito un forte senso di nausea e ribrezzo verso chi crede di mettere deliberatamente ordine alla mia vita per interessi propri, schiacciandomi con il peso di un potere conquistato con i mezzi più disgustosi. Sono pacifico e pacifista, ma ho pensato bene, quasi sin da subito, tentare di difendermi dai mostri con un'arma pesante: quella del "ridicolizzare". Quando collaboravo con la rivista L'Interruttore ho scritto diversi pezzi, insieme a un altro redattore, i cui colpi sferzanti erano puntati contro un politico e imprenditore locale, noto sfruttatore legato alla criminalità organizzata. La rivista chiuse i battenti all'improvviso. Un successo e un insuccesso allo stesso tempo. L'importante è non smettere. 

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